Terzo Dialogo “Attorno a Caravaggio”
“Attorno a Caravaggio”, terzo eccezionale dialogo tra un capolavoro della Pinacoteca di Brera e altre opere “ospiti”. Protagonista dell’evento uno dei quadri più celebri della Pinacoteca: La cena di Emmaus del maestro Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio.
Per l’occasione, in contemporanea con il riallestimento di sette sale della Pinacoteca, il quadro è collocato in una nuova posizione, più scenografica e meno defilata di quella precedente, che punta a mettere in evidenza le straordinarie caratteristiche chiaroscurali del dipinto, creato dall’artista durante uno dei periodi più drammatici della sua esistenza, durante la sua fuga da Roma del 1606, dopo aver ucciso in uno scontro, il 28 maggio, Ranuccio Tomassoni. Databile nei quattro mesi successivi, al tempo del soggiorno del Caravaggio presso i Colonna, la tela fu realizzata probabilmente a Paliano, con un’essenzialità e una rapidità di stesure pittoriche tali da evidenziare in alcuni tratti la preparazione sottostante e da fare apparire alcuni particolari addirittura ‘non finiti’ o appena abbozzati: con soluzioni che risulteranno sempre più accentuate nella produzione dell’artista successiva alla fuga da Roma, anche per sue nuove, sempre più sofferte e sempre più convinte concezioni dell’essere e dell’esistere, come del ‘fare pittura’.
Una questione di attribuzione
A cura di Nicola Spinosa, Attorno a Caravaggio propone una serie di comparazioni tra dipinti, alcuni di identico soggetto, mai visti assieme e vuol essere anche un laboratorio e un’occasione di scambio e ricerca su Caravaggio, artista che continua a porre questioni cruciali agli storici dell’arte arrivando ad appassionare allo stesso tempo il grande pubblico. Si tratta quindi di un confronto con finalità scientifiche e conoscitive, attraverso cui s’intende sottoporre all’attenzione di visitatori e studiosi alcuni problemi di attribuzione relativi alle opere esposte per l’occasione.
In dialogo con la Cena in Emmaus di Brera, cinque dipinti con attribuzioni a Caravaggio variamente accolte, contestate o assegnate ad altri pittori suoi contemporanei, tra cui tre dipinti di Louis Finson, pittore e mercante d’arte fiammingo, uno dei principali esponenti del nuovo, radicale, stile, caravaggesco, autore di numerose copie di opere del maestro lombardo. Inoltre è esposta a Brera per la prima volta al pubblico Giuditta che decapita Oloferne proveniente da una collezione privata, un quadro ritrovato nel 2014 nella soffitta di una dimora di Tolosa dove era conservato almeno da metà Ottocento e che alcuni ritengono l’originale della copia di Finson.
Secondo la ricostruzione questa Giuditta restò nello studio di Finson e Vinck fino all’inizio del 1613, per poi essere portata ad Amsterdam insieme a un altro dipinto di cui i due erano comproprietari. Morto Finson, della tela si persero le tracce. Un prestito eccezionale dato che l’opera, attualmente sotto la tutela del Ministero della Cultura francese, è da alcuni mesi oggetto di studi controversi sulla sua identificazione come originale del pittore lombardo.
In anteprima mondiale per il pubblico di Brera sarà quindi possibile osservare il quadro verificando assonanze e differenze con lo stile di Caravaggio. E anche fare paralleli con un’altra Giuditta appartenente alle raccolte delle Gallerie d’Italia esposte a Palazzo Zevallos a Napoli, sicura copia di un dipinto di Caravaggio attribuita a Louis Finson.
Per l’occasione entro fine gennaio 2017 verrà indetta una giornata di studi a porte chiuse per dibattere su questo tema dove saranno invitati i maggiori esperti di Caravaggio nazionali e internazionali cui seguirà la pubblicazione degli atti.
Altro interessantissimo accostamento del Dialogo quello tra la Maddalena in estasi di Finson proveniente dal Musée des Beau Arts di Marsiglia e un altro quadro di identico soggetto della collezione Paolo Volponi, uno degli otto dipinti di artisti diversi che sembra rientrare nel novero delle copie basate sull’originale di Caravaggio.
Anche in questo caso emblematico il raffronto con il capolavoro di Brera: l’originale della Maddalena in estasi che non è stato ancora ritrovato sarebbe infatti stato realizzato da Caravaggio nello stesso periodo della Cena in Emmaus, durante la sosta del pittore nei feudi Colonna, dove si era rifugiato dopo la fuga da Roma in seguito al delitto del 28 maggio 1606.
A chiudere il cerchio un terzo quadro di Finson Sansone e Dalila, sempre proveniente dal museo di Marsiglia, considerata una delle opere migliori del pittore fiammingo.
Un tema, quello dell’attribuzione, che ha appassionato anche la letteratura. Alan Bennet scriveva nella commedia del 1989 dal titolo “Una questione di attribuzione”*:
“I dipinti di quell’epoca sono raramente dei falsi, Maestà. A volte sono un’altra cosa rispetto a quello che pensiamo: ma è diverso. La questione non si pone in questi termini. Non bisogna chiedersi: “È un falso questo?”, ma piuttosto, “Chi ha dipinto questo quadro e perché?”
* [Nella commedia del 1989 Una questione di attribuzione, Alan Bennett descrive un incontro immaginario tra Elisabetta II, Regina d’Inghilterra, e Sir Anthony Blunt, conservatore dei dipinti della Regina, che presto sarà scoperto come spia sovietica].
“Dato che l’attribuzione è una parte fondamentale della storia dell’arte, il modo migliore per verificare un’attribuzione è collocare i dipinti fianco a fianco, in un dialogo che offre una opportunità eccezionale sia per gli storici dell’arte che per il pubblico – dice James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e Biblioteca Braidense -. Un museo non si assume alcuna responsabilità in merito alle attribuzioni fornite dai prestatori, siano essi pubblici o privati. Così se la Giuditta di Tolosa è attribuita dal proprietario al maestro lombardo, la copia è attribuita a Louis Finson. Un Finson firmato è dunque affiancato da una copia dell’originale perduto. La via dalla speculazione alla certezza è piena di dibattiti tra esperti già molto tempo prima che un’opera entri nel museo; e anche allora, una nuova ricerca può modificare un’attribuzione”. Insomma, lo scrittore inglese Alan Bennett avrebbe potuto parlare di Caravaggio quando ha scritto:
“Questo dipinto è un enigma, ed enigmi simili a questo per uno storico dell’arte possono trasformarsi in ricerche che durano anni […] E, benché spesso la soluzione di un enigma ci permetta di apprezzare meglio un dipinto, i dipinti, non dobbiamo dimenticarlo mai, non sono lì esclusivamente per essere risolti. Un capolavoro ci sfuggirà sempre: l’arte sfuggirà sempre alla nostra interpretazione”.
I temi religiosi
Oltre alle riflessioni sulla questione dell’attribuzione, il terzo dialogo Attorno a Caravaggio permette anche di ripercorrere i temi religiosi dell’artista, spesso tratti dal canone della Controriforma cattolica, in particolare le numerose versioni da lui dipinte della storia di Giuditta e Oloferne, che racconta la decapitazione del generale assiro tratta dal Libro di Giuditta, non accolto nella Bibbia ebraica e ritenuto apocrifo dai protestanti. Anche la Cena in Emmaus è un dipinto apertamente controriformista, in cui la figura di Cristo è messa in relazione con la dottrina cattolica romana della transustanziazione, che era stata da poco confermata dal Concilio di Trento, secondo la quale il pane diventa il corpo di Cristo se consacrato da un sacerdote o, come nel caso del quadro, da Cristo stesso, che si manifesta proprio nell’atto di benedire il pane.
Caravaggio e i suoi “Amici”
Un dialogo emblematico per Brera dato che cade nell’anniversario dei 90 anni della nascita degli Amici di Brera e del suo presidente Aldo Bassetti. Con l’associazione che sostiene da sempre lo sviluppo della Pinacoteca particolarmente legata proprio alla Cena di Emmaus di Caravaggio: la tela infatti fu venduta dal pittore ai marchesi Patrizi, che la conservarono fino a quando fu acquistata per la Pinacoteca da Patrizio Patrizi nel 1939 con fondi raccolti dagli Amici di Brera.
La visione del “museo vivo”
Attorno a Caravaggio chiude infine un anno di rivoluzione copernicana per la Pinacoteca che con questo progetto continua a portare avanti la visione di un “museo vivo” nel solco della missione lanciata all’inizio degli anni Settanta dal soprintendente Franco Russoli. Il dialogo sarà l’occasione per un riallestimento di sette sale della Pinacoteca (arrivate a 20 nel 2016) in un progetto a tappe che coinvolgerà in tre anni l’intero circuito del museo.
In questo caso si tratta delle sale che si articolano lungo l’ala meridionale della Pinacoteca, con la presentazione di una densa selezione di dipinti dal Manierismo al Barocco. Si va dalla sala 27 (Manieristi), 28 (Tra naturalismo e classicismo da Annibale Carracci a Caravaggio), 29 (Il naturalismo: i pittori romani e napoletani dopo Caravaggio), 30 (il Seicento lombardo), 31 (Rubens: dal pittoricismo al barocco), 32 (I ritratti), 33 (Natura in posa).
I dipinti saranno fruibili dal pubblico con l’ausilio di nuovi testi di sala, nuova illuminazione a led sponsorizzata dagli Amici di Brera, colore delle pareti completamente rinnovate, dal verde muschio al cioccolato a seconda dei diversi periodi storici. E con didascalie più articolate tra le quali quelle di scrittori come Tiziano Scarpa – autore del testo relativo alla Cena in Emmaus – Lisa Hilton, Tim Parks.
“Le installazioni museali devono cambiare per continuare a ‘rimettere in scena’ la collezione, nello stesso modo in cui Verdi viene rimesso in scena ogni anno alla Scala – dichiara James Bradburne – Un museo che non crede più alla propria collezione, ha perduto la via. Ma la collezione da sola non basta: il visitatore deve essere preparato a farne esperienza e quindi attorno all’opera d’arte si deve creare una forte carica emotiva. Questo avviene quando il visitatore impiega in modo attivo la propria mente per entrare nell’opera, per esaminarne i dettagli, per esplorarne le immagini, per farsi commuovere dalla tecnica o dal significato, e per condividere le proprie emozioni con gli altri. Se un visitatore è distratto da una pessima illuminazione, disturbato da personale scortese, offeso da didascalie illeggibili e incomprensibili, è improbabile che si trovi nello stato d’animo ricettivo necessario a entrare con l’immaginazione in un’opera d’arte, e portar via con sé anche solo una parte di ciò che l’artista vi ha infuso. È questa capacità di immaginare i bisogni di ogni visitatore potenziale, e di prepararlo ad accettare il piacere a volte difficile di misurarsi in prima persona con l’arte, che fa la differenza tra quella che è solo una grande collezione e un museo davvero grande”.
La giornata di studio
Si è tenuta alla Pinacoteca di Brera lunedì 6 febbraio una giornata di studi dedicata a Caravaggio, autore al centro del Terzo Dialogo “Attorno a Caravaggio” svoltosi nel museo dal 10 novembre 2016 al 5 febbraio 2017.
Un dialogo che ha visto “La Cena in Emmaus” del maestro Michelangelo Merisi a confronto con altri cinque dipinti con attribuzioni a Caravaggio variamente accolte, contestate o assegnate ad altri pittori suoi contemporanei: tra questi tre opere di Louis Finson e il dipinto Giuditta e Oloferne recentemente individuato a Tolosa, attribuito a Caravaggio e molto discusso dalla critica.
All’incontro hanno partecipato un gruppo di specialisti e di conservatori nazionali e internazionali riunitosi in mattinata per la presentazione di alcune relazioni e nel pomeriggio, davanti alle opere, per uno scambio di idee e opinioni basate sulla comparazione tra la tela di Tolosa e la copia già nota che si conserva a Napoli nella raccolta Intesa Sanpaolo esposta a Palazzo Zevallos.
Come ha ribadito il direttore James Bradburne, il dialogo e la giornata di studi – quest’ultima annunciata alla stampa sin da novembre – portano avanti l’idea di un museo vivo: “un museo che sia anche un laboratorio per fare nuove scoperte, a prescindere il risultato raggiunto. Un museo che crei le condizioni e le opportunità per la conoscenza, con gli esperti che poi fanno le scoperte scientifiche”.
I risultati del dibattito e dell’esame delle opere, contenuti nella relazione di Keith Christiansen, hanno potuto tracciare nuove ipotesi sul quadro di Tolosa, possibili proprio mettendo a confronto idee e opinioni diverse e grazie a una conoscenza diretta e approfondita del dipinto, decisiva anche per l’identificazione del suo ‘vero’ autore.