Caravaggio dipinse la Cena in Emmaus tra il 1605 e il 1606, probabilmente a Paliano, feudo dei Colonna, presso i quali si era rifugiato dopo aver ucciso Ranuccio Tomassoni, prima della fuga definitiva da Roma seguita alla condanna; riuscì a venderla, per il tramite di Ottavio Costa, al marchese Patrizi e nel palazzo romano della famiglia si trovava ancora nel 1939, quando fu acquistato per la Pinacoteca dalla Associazione Amici di Brera.
L’attribuzione è confermata dalla provenienza, ma anche dalle indagini (riflettografia e radiografia) che hanno permesso di individuare una versione preliminare diversa, ad attestare che non si tratta di una copia.
La rappresentazione del tavolo ricoperto da tappeto è un motivo tipico di Caravaggio, presente anche nella prima versione del soggetto che l’artista aveva già trattato nel dipinto ora alla National Gallery di Londra. Rispetto alla precedente versione il dipinto si caratterizza per una maggiore intimità ed essenzialità cromatica insieme ad un uso drammatico e teatrale della luce che risaltano la sacralità del momento raffigurato.
Didascalie d’autore
Caravaggio, rockstar lombarda, si pavoneggiava a colpi di spada nel sottobosco romano, cercava la rissa, gestiva prostitute, sempre ubriaco di vino e di biacca? No. L’aspetto autenticamente è la luce. Per la prima volta egli fece in modo che la pittura facesse gli stessi trucchi che i nostri occhi sanno fare. Pura illusione, luminosità dirompente, reale come mai prima. Siamo viaggiatori nel tempo. Siamo moderni. Ecco, allora, il più ordinario dei miracoli.
Lisa Hilton
Questo quadro è una forzatura; è quasi una bestemmia: costringe Gesù a restare visibile per sempre, mentre Lui, a Emmaus, non ha voluto mostrarsi per più di un istante, e solo agli occhi di due di loro, quelli che erano capaci di riconoscerlo da come benediceva il pane, mentre gli altri lì presenti non erano in grado di capire chi fosse quel tipo seduto di fronte a loro, che faceva strane manovre davanti a un panino.
Tiziano Scarpa
Nei secoli, sulla via di Emmaus, avanziamo tra immani catastrofi. Milioni di morti. Lo straniero che cammina con noi dice che i segni sono dappertutto ma nella xenofobia di oggi noi non li vediamo. Ci fermiamo per desinare. D’un tratto ci cade la benda dagli occhi. Incredibile! Alleluia! Siamo tutti nella scena. La luce della filoxenia, l’amore per lo straniero che fa da antidoto alla xenofobia, trionfa e risplende misericordiosamente su tutti, che ne riconosciamo o meno i segni.
Joy Kogawa
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Attorno a Caravaggio
DescriVedendo
AUTORE Caravaggio (Michelangelo Merisi)
DATA 1606
MATERIA E TECNICA Olio su Tela
DIMENSIONI cm 141 x 175
INVENTARIO 2296
SALA XXVIII
Opera esposta
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