Santa Caterina d’Alessandria | Pinacoteca di Brera
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Santa Caterina d’Alessandria

Dall'alto, Giovanni Antonio Sogliani, Santa Caterina d’Alessandria, prima del restauro (fig. 1); sotto, l’opera collocata nel laboratorio di restauro della Pinacoteca di Brera (fig. 2)
Dall’alto, Giovanni Antonio Sogliani, Santa Caterina d’Alessandria, prima del restauro (fig. 1); sotto, l’opera collocata nel laboratorio di restauro della Pinacoteca di Brera (fig. 2)

Giovanni Antonio Sogliani, Santa Caterina d’Alessandria

Il restauro della Santa Caterina d’Alessandria di Giovanni Antonio Sogliani (Fig. 1) è stato realizzato fra l’ottobre 2018 e il maggio 2019.

Giovanni Antonio Sogliani (Firenze 1492 – 1544) lavorò molti anni nella bottega di Lorenzo di Credi cui rimase legato da un rapporto di amicizia, e aveva anche recepito l’influsso di Leonardo da Vinci. In seguito, negli anni dieci del Cinquecento si era avvicinato Fra Bartolomeo e Mariotto Albertinelli e alla scuola da loro creata nel convento di San Marco. La sua produzione degli anni trenta, quando dipinse la Santa Caterina, denota l’influenza di Andrea del Sarto.

All’epoca Sogliani era molto richiesto a Firenze e in Toscana ma, come narra Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, era così lento e meticoloso da perdere a volte le commissioni importanti, come accadde nel caso del ciclo di tele con i Sacrifici del vecchio Testamento, per il quale eseguì solo tre quadri e i restanti furono portati a termine da Domenico Beccafumi, dal Sodoma e da Niccolò Pisano.

La solida figura è collocata fra le basi di due pilastri, che ne sottolineano l’impianto monumentale.

Sono leggibili alcune iscrizioni in caratteri capitali, sulla base del pilastro destro: JOHANNES / ANTONIUS / FACIEBAT, e sul libro retto dalla Santa: HAEC EST / VIRGO / SAPIENS.

L’opera è databile nella fase matura dell’artista, intorno agli anni trenta del Cinquecento.

Durante tutto il restauro la tavola è stata visibile nel Laboratorio di restauro trasparente della sala XVIII (fig. 2). Il dipinto è stato restaurato poiché era appesantito dall’ossidazione della vernice superficiale, opacizzata ed ingiallita, e da alcuni ritocchi alterati. Inoltre lungo il perimetro andavano fissati alcuni piccoli sollevamenti del colore che si erano formati a contatto della cornice.

Prima del restauro il dipinto è stato oggetto di un’accurata campagna fotografica e diagnostica (figg. 3, 4), comprendente riprese in luce diffusa e radente, macrofotografie e fotografie al microscopio, riflettografia infrarossa (IRR), infrarosso falso colore (IRFC), fluorescenza ultravioletta (UVF), spettrometria in riflettanza (Vis-RS). Gli esiti e le osservazioni dirette dell’opera hanno consentito di approfondire la conoscenza della tecnica dell’artista, permettendo di impostare ogni fase dell’intervento di restauro.

Tecnica pittorica

La tavola misura cm 82,5×66,2×2,5, è costituita da tre assi incollate e disposte verticalmente, provviste di due traverse orizzontali (figg. 5, 6).

La superficie è stata inizialmente preparata con uno strato omogeneo chiaro di gesso e colla, sul quale sono stesi gli strati pittorici ottenuti con fluide campiture ad olio, maggiormente corpose in corrispondenza delle lumeggiature e dell ombre (figg. 6, 7).

Restauri precedenti e stato di conservazione

Il dipinto ha subito in passato alcuni interventi di restauro. Sono visibili alcuni ritocchi; una vernice a base di resina naturale (dammar o mastice) non originale è stata stesa sulla superficie dell’opera, ed appare molto fluorescente alla luce ultravioletta (figg. 3, 7). Inoltre i primi test hanno evidenziato sotto la vernice un’ulteriore strato bruno, probabilmente una patinatura stesa per conferire all’immagine una tonalità di gusto antiquario, e camuffare meglio i ritocchi.

Fortunatamente nel complesso l’opera appare in buone condizioni, i precedenti restauri non hanno eccessivamente indebolito le stesure pittoriche. Alcune piccole cadute di colore e minime abrasioni sono visibili nella zona centrale e lungo i bordi (fig. 3).

Intervento di restauro

Il restauro ha previsto inizialmente il fissaggio dei piccoli sollevamenti di colore lungo i margini. La fase più significativa è stata la pulitura della superficie, con l’assottigliamento progressivo degli strati di vernici, delle patinature e dei ritocchi accumulati nel tempo e fortemente ossidati. Il recupero della leggibilità dell’immagine è stato particolarmente efficace, e l’opera ha ritrovato la brillante cromia caratteristica dell’artista.
Al termine dell’intervento l’opera è stata proposta al pubblico sulla parete della sala XVIII, di fianco al Laboratorio di restauro, dedicata all’approfondimento dei restauri più significativi.

 

Particolare in luce visibile diffusa e radente, riflettografia IR, infrarosso falso colore e fluorescenza ultravioletta (fig. 3)
Particolare in luce visibile diffusa e radente, riflettografia IR, infrarosso falso colore e fluorescenza ultravioletta (fig. 3)
Immagine al microscopio dell’incarnato sulla fronte (235x) (fig. 4)
Immagine al microscopio dell’incarnato sulla fronte (235x) (fig. 4)
A sinistra, verso del dipinto (fig. 5); in alto a destra, particolare del margine superiore (fig. 6); a destra in basso, particolare in luce radente (fig. 7)
A sinistra, verso del dipinto (fig. 5); in alto a destra, particolare del margine superiore (fig. 6); a destra in basso, particolare in luce radente (fig. 7)
Particolare in luce ultravioletta (fig. 8)
Particolare in luce ultravioletta (fig. 8)
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Dipinto prima e dopo il restauro (fig. 9)
Dipinto e cornice dopo il restauro (fig. 10)
Dipinto e cornice dopo il restauro (fig. 10)
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