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L’ospite atteso
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Dal 10 al 20 ottobre 2019 Pinacoteca di Brera, Sala 18

L’ospite atteso

Dopo vent’anni e un restauro rivelatore, la Crocefissione di Garofalo torna visibile alla Pinacoteca di Brera.

L’ospite atteso Dove: Pinacoteca di Brera, Sala 18

Ingresso: 12,00 euro (intero); 8,00 euro (ridotto con biglietto Gallerie d'Italia); 2,00 (ridotto 18-25 anni UE)

Dall’8 al 20 ottobre, nella sala XVIII della Pinacoteca di Brera, sarà esposta la grande tela di Benvenuto Tisi detto il Garofalo raffigurante la Crocefissione con la Vergine, la Maddalena e i santi Giovanni Evangelista e Vito, datata 1522 e di recente oggetto di un accurato intervento di restauro che ne ha riportato in luce le finezze cromatiche e molti particolari prima offuscati da strati di depositi e patinature antiche.

Giovedì 10 ottobre alle ore 17.30 la storica dell’arte e promotrice dell’iniziativa Letizia Lodi presenterà l’intervento di restauro sponsorizzato da Tigotà e un video realizzato dallo studio Sesti restauri. L’evento si svolgerà in sala XVIII, lo spazio che la Pinacoteca ha dedicato alla valorizzazione dell’attività di restauro e sede del laboratorio trasparente. In seguito gli ospiti saranno accompagnati in sala XXI per i confronti con l’altra pala su tavola di Garofalo, la Deposizione dalla croce.

L’idea di restaurare ed esporre la Crocefissione nasce dall’intento di presentare al pubblico – prima di ricollocarla in deposito – un’opera di notevole qualità stilistica e importante nella produzione di Garofalo, non esposta dalla metà degli anni Novanta del XX secolo a causa delle sue dimensioni.

Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, fu attivo alla corte di Ferrara per il Duca Ercole I d’Este e poi per Alfonso I d’Este, ma la sua produzione più cospicua fu quella per la committenza religiosa e per l’alta e colta aristocrazia cittadina, tra cui il notissimo Antonio Costabili. Garofalo fu soprannominato dalle fonti il “Raffaello ferrarese” per l’influenza che sul suo stile esercitò Raffaello, specie dopo un viaggio a Roma nel 1512, effettuato insieme al Duca Alfonso I. Soprattutto nella tecnica esecutiva, l’artista risentì molto del modus operandi di Dosso Dossi, pittore della corte estense con il quale collaborò nell’esecuzione dello straordinario Polittico Costabili della Pinacoteca di Ferrara, come pure della raffinata cromia dei dipinti di Giorgione e Tiziano.

 

L’opera

Benvenuto Tisi detto il Garofalo
Ferrara, 1481 circa – 1559
La Crocefissione con la Vergine, la Maddalena e i Santi Giovanni Evangelista e Vito
Datato 1522 in basso vicino al teschio
Olio su tela
Dal monastero delle Agostiniane annesso alla Chiesa di San Vito di Ferrara
In Pinacoteca dal marzo 1811, poi in deposito esterno dal 1847 nella chiesa parrocchiale di Brusuglio, quindi riesposto in Pinacoteca dalla fine degli anni Settanta del XIX secolo sino alla seconda metà degli anni Novanta del XX secolo.
Sullo sfondo di un vasto e visionario paesaggio sono raffigurati al centro il Crocefisso con la Maddalena ai piedi e ai lati i due dolenti, mentre a destra, in raffinati abiti rinascimentali, appare il piccolo San Vito martire – a cui la chiesa di provenienza del dipinto era dedicata – con la palma del martirio nella mano destra. Il tema della Crocefissione è rappresentato da Garofalo attenuando la tensione dell’evento in un’atmosfera rarefatta e raffinata, come se la dimensione tragica fosse estranea a un artista che ha sempre prediletto figure di una bellezza ricercata e paesaggi suggestivi di grande finezza cromatica. Nella stesura del colore Garofalo denota influenze della pittura di Dosso Dossi e naturalmente di quella veneta, in particolare di Giorgione, mentre figure come la Maddalena testimoniano il debito con i modelli raffaelleschi, molto diffusi nella pittura emiliana del Cinquecento. L’intervento di restauro, eseguito da Delfina Fagnani (Sesti restauri) con il generoso sostegno di Tigotà, ha riportato in luce tutte le finezze cromatiche, specie degli sfondi paesistici, dei timbri degli azzurri e dei verdi, nonché lo spessore della rapida stesura di colore, evidente nelle piccole figure di sfondo e nella preziosa veste tardo rinascimentale del giovane San Vito.

Proveniente dal monastero delle Agostiniane annesso alla Chiesa di san Vito di Ferrara, la Crocefissione entrò in Pinacoteca nel 1811 in conseguenza delle requisizioni napoleoniche, assieme a un affresco raffigurante il Crocefisso e angeli, sempre datato 1522, staccato da una parete del monastero da Boccolari il quale seguiva le selezioni delle opere da portare a Milano. È interessante notare come la Crocefissione sia costantemente descritta nelle Guide più antiche della Pinacoteca, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del XIX secolo, quando ritornò dal deposito temporaneo nella chiesa parrocchiale di Brusuglio dov’era stata trasferita nel 1847. Nei vari allestimenti di inizio Novecento il dipinto fu sempre esposto accanto alla Deposizione di Cristo e Corrado Ricci nel suo catalogo del 1907 riferisce di come fossero esposte ben sei opere del Garofalo, tra cui anche la notevole Annunciazione, di recente restaurata. Le opere della scuola ferrarese tra XV e XVI secolo erano molto amate dai direttori e curatori della Pinacoteca: Ettore Modigliani lo riporta nella sua Guida della Pinacoteca del 1935 e già nel 1906, quando era ispettore alla Galleria Borghese di Roma, aveva espresso in diverse lettere tutta la sua considerazione per l’artista e per Ortolano.

Il dipinto fu oggetto di un primo restauro nella seconda metà dell’Ottocento, in previsione del ritorno in Pinacoteca, e sicuramente di un secondo intervento negli anni Venti del Novecento, quando il celebre Mauro Pelliccioli eseguì manutenzioni su dipinti di varie sezioni testimoniati da documenti storici e fotografie d’epoca.

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