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Allegoria della Fortuna

Lorenzo Leombruno

Il soggetto del dipinto, eseguito a monocromo con lumeggiature in oro, è tratto dalla descrizione del perduto dipinto di Apelle che raffigurava una complessa allegoria della Calunnia, tramandata da Luciano nel “Calumniae non temere credendum”. Il tema è coltissimo, in sintonia con il gusto dei committenti del dipinto che appartenevano a una delle più raffinate corti del Rinascimento italiano, quella dei Gonzaga di Mantova.
Tra le varie opere ispirate alla “Calunnia” di Luciano, quella di Leombruno si presenta come la più complessa ed elaborata: sui gradini di un maestoso edificio appaiono le personificazioni del Tiranno, riconoscibile dalle orecchie d’asino, del Sospetto, la figura armata, e dell’Ignoranza, la donna cieca e grassa; la figura dai seni avvizziti che indica il Tiranno è l’Invidia, subito seguita da Calunnia che trascina per i capelli un bambino (Innocenza), accompagnata da Odio che la incorona, e da Frode; seguono la Penitenza, in ceppi, e la Verità. Dall’alto della sua postazione privilegiata, la Fortuna dispensa doni alle personificazioni malvagie e getta strumenti di tortura verso le allegorie positive: secondo alcuni studiosi si tratterebbe di una interpretazione negativa del tema antico, da leggere come la protesta dell’artista accantonato dalla corte dopo l’arrivo a Mantova di Giulio Romano, portatore di un più moderno e aggiornato linguaggio.
La tavola fu acquistata per Brera dalla collezione di Benigno Crespi nel 1914.

Scarica l'immagine ad alta risoluzione TITOLO Allegoria della Fortuna
AUTORE Lorenzo Leombruno
DATA 1523 circa
MATERIA E TECNICA Olio su Tavola
DIMENSIONI cm 76 x 100
INVENTARIO 2126
SALA XXI
Opera esposta
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