Questa è sempre stata la grande vocazione di Russoli.
Dopo la morte della Wittgens, Russoli ha continuato il progetto e la visione della direttrice, in varie forme, anche come divulgatore.
Russoli sapeva parlare molto bene, era un comunicatore molto brillante e di facile comprensione e scriveva benissimo.
Mi ricordo che una volta gli dissi:
“Beato te! Beato te che riesci a scrivere in maniera così chiara e così comprensibile, perché quando si leggono altri critici sull'arte contemporanea spesso non si capisce niente. Soprattutto io non capisco nulla perché sono un ignorante, ma quando leggo i tuoi scritti mi illumino. Hai veramente facilità di scrittura!”.
“Facilità?? Quando io arrotolo il foglio di carta nella macchina da scrivere, mi prendono i crampi allo stomaco come quando facevamo il compito in classe al liceo, perché scrivere è facile, ma scrivere semplice è complicatissimo”.
Questo era il suo sforzo per comunicare: non desiderava spiccare per mostrare la propria superiore conoscenza ma credeva che l’intellettuale dovesse chiamare la società a raccolta e collaborare con essa, con grande semplicità e con grande facilità.
Ci si può chiedere perché avesse avuto dei rapporti così facili con i collezionisti?
Perché era uno charmeur, era un uomo piacevolissimo.
Ed era riuscito a instaurare relazioni facili con Gianni Mattioli, Emilio Jesi, Riccardo Jucker
e persino con Giuseppe Panza di Biumo.
A sinistra, Riccardo Junker (Fondo Lamberto Vitali fotografo);
a destra Mario Mafai e Antonietta Raphäel (Centro Studi Mafai Raphäel, Roma 1948)
SPADOLINI E IL MINISTERO DELLA CULTURA
Nel 1974 Giovanni Spadolini costituì il Ministero della Cultura e iniziarono grosse difficoltà a causa della struttura burocratica e per la conseguente complessità nella gestione dell’attribuzione dei fondi in modo diverso, per compartimenti.
Franco Russoli con Giovanni Spadolini e Lamberto Vitali alla mostra Processo per il museo del 1977
Se avanzava denaro alla manutenzione non era possibile adoperarlo per il personale, inoltre, i proventi che derivavano dalle mostre confluivano al centro e poi venivano ridistribuiti dal Ministero ai vari musei, disincentivando di fatto il singolo museo a impegnarsi con grandi sforzi nella realizzazione di eventi culturali.
Spadolini non era però contrario alla visione di Russoli, era un uomo abbastanza illuminato.