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Martirio di Santa Caterina

Scheda tecnica
  • Titolo
    Martirio di Santa Caterina
  • Autore
    Gaudenzio Ferrari
  • Anno
    1540
  • Dimensioni
    cm 334 x 210
  • Inventario
    449
  • Sala
    XV

Nell’autunno 2014 è iniziato il restauro del Martirio di Santa Caterina, di Gaudenzio Ferrari (Valduggia? 1477/80 ca.- Milano 1546). Si tratta di una delle opere più importanti dell’ultima attività del pittore, trasferitosi da Vercelli alla corte degli Sforza a Milano dove operò fino alla morte.

L’opera fu realizzata intorno al 1540-1543 per la cappella Gallarati della vecchia chiesa francescana di Sant’Angelo a Milano, decorata da Ferrari su commissione dei fratelli Francesco e Giulio Gallarati. Nel 1551 la chiesa venne demolita e gli affreschi andarono perduti, mentre la pala fu trasferita nella cappella di famiglia della nuova chiesa di Sant’Angelo. Ai primi dell’Ottocento l’opera fu sostituita da una copia e passò in collezioni private, per essere infine acquistata dal Governo Lombardo-Veneto e donata alla Pinacoteca di Brera nel 1829.

1. L’opera collocata nel laboratorio di restauro della Pinacoteca di Brera
1. L’opera collocata nel laboratorio di restauro della Pinacoteca di Brera

Prima dell’intervento il dipinto è stato sottoposto ad un’accurata campagna fotografica e diagnostica, comprendente la radiografia, le riprese in riflettografia infrarossa, l’infrarosso falso colore, la fluorescenza ultravioletta, la fluorescenza X, la spettrometria colorimetrica e Raman, e sette sezioni stratigrafiche (fig. 2). I risultati diagnostici e le osservazioni dirette dell’opera hanno consentito di approfondire la conoscenza della tecnica dell’artista, permettendo di impostare ogni fase dell’intervento di restauro.

2. Particolare di Santa Caterina in radiografia, riflettografia, infrarosso falso colore, fluorescenza ultravioletta e luce visibile
2. Particolare di Santa Caterina in radiografia, riflettografia, infrarosso falso colore, fluorescenza ultravioletta e luce visibile

Tecnica pittorica

La tavola misura 331 x 210 cm, ed è costituita da cinque assi di pioppo disposte verticalmente (fig. 3). Le assi sono unite con un incastro maschio-femmina e le linee di giunzione sono rinforzate da farfalle. Si ipotizza che originariamente vi fossero tre traverse scorrevoli nello spessore della tavola, posizionate una al centro e due alle estremità della tavola, successivamente modificate.

3. Verso del dipinto
3. Verso del dipinto

Gli strati preparatori sono chiari e piuttosto spessi, formati da gesso e colla animale. La pellicola pittorica ottenuta con tecnica ad olio è compatta e corposa nelle ampie campiture e nelle lumeggiature, mentre è fluida e trasparente nelle velature (fig. 4).
Le analisi hanno rivelato la tavolozza impiegata dall’artista: i bianchi sono sempre ottenuti con biacca (bianco di piombo); l’incarnato di un personaggio a destra è realizzato con biacca, ocra gialla e grani di cinabro, mentre il rosso della veste dell’angelo con Lacca di Kermes. Nel giallo della giubba di un carnefice a sinistra si è trovato giallo di piombo e stagno e pararealgar, mentre le righe blu/marroni delle sue braghe sono composte da azzurrite ed ocra rossa; il verde della tenda in alto è costituito da verdigris, azzurrite e biacca. La vernice naturale presente sulla superficie prima del restauro (dammar o mastice), non era originale. Attualmente l’opera è presentata in una cornice di galleria, in legno modanato e dorato con foglia d’oro.

4. A sinistra, particolare di un personaggio sulla destra, durante il restauro
5. A destra, dettaglio di un inserto a “farfalla” sul supporto ligneo
4. A sinistra, particolare di un personaggio sulla destra, durante il restauro
5. A destra, dettaglio di un inserto a “farfalla” sul supporto ligneo

Restauri precedenti e stato di conservazione

Le numerose tracce di modifiche sul retro lasciano ipotizzare almeno tre importanti interventi a carico del supporto, di cui due confermati dal ritrovamento di documenti d’archivio e risalenti al 1835 a cura di Draghini e al 1968 ad opera di Ottemi della Rotta.
Il primo intervento precedente a quelli documentati vide l’eliminazione delle traverse originali e l’applicazione di un grosso telaio diviso a quadroni (griglia), incollato al retro con colla animale, con lo scopo di ottenere una superficie pittorica completamente piatta e bloccare qualsiasi movimento del legno. Questa struttura così rigida produsse ulteriori fessurazioni del legno e sollevamenti del colore.
Nell’intervento del 1835 il telaio fu rimosso, le farfalle in legno vennero rinforzate (fig. 5) e fu riproposto il sistema delle traverse, quattro lungo l’altezza; nel 1968 Ottemi della Rotta eseguì una semplice revisione del sistema. La struttura non riusciva a contenere la tendenza del tavolato alla deformazione e si sono create nuove fessurazioni.
Anche la pellicola pittorica è stata sottoposta nel tempo ad almeno due puliture complete, oltre a diversi interventi localizzati.
Prima del restauro in corso erano evidenti i danni dovuti a precedenti movimentazioni, restauri e incaute puliture. Sulla superficie pittorica era visibili fessurazioni, sollevamenti e lacune del colore. Per dissimulare le abrasioni, che avevano impoverito particolarmente le campiture verdi e rosse, furono impiegate estese ridipinture, patinature e stesure sovrapposte di vernici.

Da sinistra, particolare di un personaggio sulla sinistra durante la pulitura (fig. 6); particolare di un personaggio sulla destra con alcuni tasselli di pulitura (fig. 7); particolare di Santa Caterina durante la pulitura (fig. 8)
Da sinistra, particolare di un personaggio sulla sinistra durante la pulitura (fig. 6); particolare di un personaggio sulla destra con alcuni tasselli di pulitura (fig. 7); particolare di Santa Caterina durante la pulitura (fig. 8)

Intervento di restauro

Il restauro è iniziato con la pulitura delle linee di giunzione tra le assi, per consentire il controllo del colore in corrispondenza delle fratture e permettere la correzione di eventuali disallineamenti (fig. 6). Le zone più delicate sono state protette con velinature di carta giapponese, prima di procedere con l’intervento sul supporto.
Sono state sfilate le traverse e il retro del dipinto è stato pulito da colle ed altri residui. Il legno è stato trattato per evitare la presenza di tarli e rinforzato nelle parti più fragili. Il nuovo sistema di sostegno è costituito da tre traverse, sagomate in base alla curvatura del tavolato e assicurate al supporto in modo elastico e controllabile da perni e molle di acciaio.
Concluso l’intervento sul legno è ripreso il restauro della superficie pittorica, con la fermatura dei sollevamenti del colore. La pulitura è stata realizzata con miscele di solventi studiate per rimuovere le sostanze sovrammesse rispettando i materiali originali, e procede in modo graduale e selettivo, anche in considerazione del disomogeneo stato conservativo dell’opera (figg. 7, 8). La reintegrazione delle lacune è stata eseguita con colori ad acquarello e a vernice.

Al termine del restauro il dipinto è stato ricollocato nella Sala XV, nel nuovo allestimento della Pinacoteca (figg. 9, 10).

L’opera prima, a sinistra, e dopo il restauro
L’opera prima, a sinistra, e dopo il restauro

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