Battesimo della famiglia di Santa Giustina – Martirio di Santa Giustina
Scheda tecnica
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Titolo
Battesimo della famiglia di Santa Giustina – Martirio di Santa Giustina -
Autore
Morazzone (Pier Francesco Mazzucchelli) -
Dimensioni
mm 340 x 535; mm 335 x 535 -
Inventario
964 e 963; Reg. Cron. 974 e 973
I due disegni sono entrati in Pinacoteca per lascito del conte Massimiliano Cesare Stampa, marchese di Soncino (atto rogato il 21 maggio 1876), attribuiti al Morazzone e descritti come “bozzetti a chiaroscuro” raffiguranti “sacrificio di vari martiri” e “battesimo di un principe”.
Incorniciati ed esposti sotto vetro, sono stati catalogati, come Morazzone, da Giulio Carotti (1901) con i seguenti titoli: “Martirio di Santa Giustina” e “Battesimo di San Sigismondo, re d’Ungheria”. Ritirati dalle sale della Pinacoteca, sono stati registrati da Gian Alberto Dell’Acqua nell’inventario “Dipinti esistenti nei magazzeni” (1935 circa). L’attribuzione e i soggetti proposti da Carotti sono stati ripresi da Mina Gregori (in // Morazzone 1962) e da Simonetta Coppa (in Disegni lombardi… 1986). Gregori pone le opere fra quelle tarde del pittore. Il “Martirio di santa Giustina” (la schedatrice indica il soggetto con un punto interrogativo) è messo in rapporto con il Martirio di sant’Orsola della collezione Rudolf di Londra.
Entrambi i disegni non compaiono nella monografia del Morazzone di Jacopo Stoppa (2003).
Pescarmona (2000; in Isidoro Bianchi 2003), in un momento di infatuazione per Isidoro Bianchi, per le sue scene affollate e animate, ambientate in ampi paesaggi (e non dando retta al parere, fra altri, di Giulio Bora e di Nancy Ward Neilson), aveva frattanto avanzato il nome del maestro di Campione. L’interesse, fondato sul presupposto che le composizioni fossero da considerare fra loro connesse, era in realtà soprattutto il riconoscimento iconografico e, pertanto, le ragioni della committenza.
L’ormai lunga storia ha inizio con l’avvio degli studi e dei restauri che hanno portato, con il contributo determinante di Hermès-Parigi (essendo soprintendente Rosalba Tardito), alla mostra “Disegni lombardi del Cinque e Seicento della Pinacoteca di Brera e dell’Arcivescovado di Milano” (1986). Chi scrive
riunì nel Gabinetto dei Disegni (istituito poco tempo prima dal soprintendente Carlo Bertelli, che l’aveva almeno dotato di indispensabili cassettiere), le opere su supporto di carta fino ad allora disperse nei depositi. L’operazione fu effettuata in collaborazione con la restauratrice Maria Luisa Nussio (operante nel Laboratorio di restauro dei disegni, allestito dallo stesso Bertelli).
La rimozione dei vetri e delle retrostanti tavole lignee, e in particolare il dispiegamento dei bordi dei fogli hanno consentito il recupero (per quanto ancora possibile) delle antiche scritte a penna apposte sui margini, e soltanto parzialmente trascritte da Mina Gregori.
In occasione della mostra i disegni sono stati oggetto di un nuovo restauro di Elena Allodi (deacidificazione di inchiostri e supporti, smontaggio dei vecchi interventi con rimozione di tre toppe antiche ricavate da carta di stesso tipo, di cui una recante un disegno di parte di cornice e scritta illeggibile, pulitura localizzata di alcune macchie, integrazione di strappi e lacune).
Sotto la scena del Battesimo si legge, con difficoltà, da sinistra a destra: “TERZO QUADRO […]”, “ULTIMO QUADRO […] / [DE]LLA PROCESSI[ONE]”, “PRIMO QUADRO” e “[…] SECO[NDO]”. Le scritte con l’indicazione dei quadri sono apposte all’interno di cornici. Al centro è disegnata una coppia di lesene, con capitello composito (la toppa maggiore recentemente rimossa, che ha sul verso parti di un elemento angolare di cornice architettonica e di una scritta non leggibile, completava la modanatura in cui avrebbe dovuto essere inserito il “primo quadro”).
Sotto il Martirio si può leggere: “ISTORIA DE B[RACCIA] 10 CHE VA IN TESTA AL SALONE SOPRA AL CAMINO”, sul lato destro: “ALTA B[RACCIA] 6”. È quindi evidente che i disegni si riferiscono a progetti di teleri, o di affreschi, di grandi dimensioni (circa 5,90 x 3,54 metri) da eseguire, su pareti affrontate e rispettivamente sopra alcuni “quadri” e un camino, in una galleria di un nobile palazzo privato. E’ inoltre certo che il martirio raffiguri il supplizio di Santa Giustina, identificata dall’attributo del pugnale conficcato nel petto. Non ci sono ragioni specifiche per ritenere
che il battesimo sia quello di san Sigismondo, re d’Ungheria. Presumo, per trovare una correlazione fra i due fogli, che sia invece rappresentato il battesimo del re di Padova Vitaliano e della moglie Prepedigna, genitori di Giustina, da parte del vescovo Posdocimo. Si tratterebbe, pertanto, della conversione al Cristianesimo, al tempo della persecuzione di Massimiano, dei progenitori da cui ebbe discendenza la famiglia Borromeo.
I disegni sarebbero quindi il risultato di una commissione borromaica, per una residenza non identificata, da porsi fra l’incarico affidato da Renato Borromeo a Cerano per la decorazione di alcune stanze del palazzo di Milano (Rosci 2000, p. 292) e i “fasti Borromeo” di Filippo Abbiati della Rocca di Angera (Zuffi 1986). Tale residenza può ben essere verosimilmente la citata Rocca del lago Maggiore. L’interesse provato dai Borromeo per la santa padovana è inoltre dimostrato da una lettera scritta da Fabio Mangone a monsignor Settala in data 18 febbraio 1627, nella quale comunicava che la cappella che avrebbe dovuto costruire in Santa Maria Podone era destinata a ricevere pitture raffiguranti “historie della vita di santa Giustina” (Baroni 1968, pp. 87-88). L’edificazione della cappella, eretta negli anni 1626-1629, sul cui altare più tardi sarebbe stata collocata la pala di Stefano Montalto, soddisfaceva finalmente la prescrizione testamentaria trasmessa da Vitaliano I fin dal 1449 ai propri eredi (Demolli 1939, p. 187).
Contribuisce ora a chiarire la provenienza (e anche senz’altro la committenza) dei due disegni del Morazzone la recente pubblicazione dell’Inventario de quadri che si ritrovavano tanto al tempo dell’Ill.mi ss.ri conte Giulio Cesare Borromeo, e conte Giovanni Borromeo, quanto di quelli che per la morte dell’Eminentissimo s.r cardinale Federico vennero portati da Roma, e d’altri ancora acquistati dall’Eccellentissimo s.r duca Antonio Borromeo (1689) (Galli, Monferrini 2012).
L’Inventario ricorda, come già appartenuti al conte Giulio Cesare Borromeo (1590-1638), secondo marchese di Angera: “Un quadrettino chiaro, e scuro che S. Pietro battezò S. Justina cornice nero […]/Altro quadretto chiaro, e scuro del trasporto di S. Massimo, cornice nera/ Altro quadretto chiaro, e scuro di S. Massimo scrivendo la vita di S. Justina cornice nero […]/ Quadretto chiaro, e scuro del martirio di S. Justina cornice nera”.Le stesse opere ricompaiono nell’Inventario delli Quadri ritrovati nella casa d’habitatione della fu Sig.ra duchessa [Elena Visconti] Borromea (1711): “105-108, Quattro dissegni con cornice nera di pero alti nove oncie per brazza uno con suoi vetri, i primi tre segnati n. 105, n. 107 et n. 108 sono del Morazzone, et il n. 106 del Galotti”. Messi all’asta, i “dissegni” furono acquistati da Giovan Domenico Gambaudi.
Bibliografia: G. Carotti, Catalogo della R. Pinacoteca di Brera in Milano, Milano 1901, p. 134; Il Morazzone, catalogo della mostra a cura di M. Gregori, Milano 1962, pp. 139, 157; S. Coppa, in Disegni lombardi del Cinque e Seicento della Pinacoteca di Brera e dell’Arcivescovado di Milano, catalogo della mostra a cura di D. Pescarmona, Firenze 1986, p. 78; D. Pescarmona, Affreschi staccati (Isidoro Bianchi e Johann Christophorus Storer) in Arte lombarda del secondo millennio. Saggi in onore di Gian Alberto Dell’Acqua, a cura di F. Flores D’Arcais, M. Olivari, L. Tognoli Bardin, Milano 2000, p. 211; D. Pescarmona, in Isidoro Bianchi di Campione (1581-1662), catalogo della mostra a cura di D. Pescarmona, Cinisello Balsamo 2003, pp. 140-141, n. 22; A. E. Galli, S. Monferrini, I Borromeo d’ Angera. Collezionisti e mecenati nella Milano del Seicento, Milano 2012, pp. 53, 57, 95, 162; D. Pescarmona in AA.VV., Seicento lombardo a Brera. Capolavori e riscoperte, catalogo della mostra a cura di S. Coppa e P. Strada, Milano 2013, pp. 154-155.
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Autore: Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (Morazzone, Varese, 1573 – Piacenza?, 1626)
* Tecnica: inchiostro bruno, inchiostro bruno acquerellato, biacca, pietra nera, tracce di quadrettatura a pietra nera, su carta grigio cerulea.
Iscrizioni: sotto il Battesimo: “TERZO QUADRO […], “ULTIMO QUADRO […]/ [DE]LLA PROCESSI[ONE]”; “PRIMO QUADRO, […]SECO[NDO]”; Sotto il Martirio: “ISTORIA DE BRACCIA]10 CHE VA IN TESTA AL SALONE SOPRA AL CAMINO”; sul lato destro “ALTA B[RACCIA] 6”.
Restauri: M.L. Nussio, direzione dei lavori Daniele Pescarmona, 1986; Elena Allodi, direzione lavori Daniele Pescarmona, 2013.
Provenienza: Lascito del Conte Massimiliano Cesare Stampa, marchese di Soncino (1876).