Giorgio Morandi è rappresentato, all’interno della collezione Jesi, da una serie straordinaria di paesaggi e nature morte e da un raro Autoritratto, una sorta di antologia di capolavori che documenta le successive fasi dell’originale percorso di ricerca del maestro. Figura straordinaria d’artista solitario, che mai si mosse dalla città d’origine e che – con rare eccezioni – conobbe i maestri contemporanei solo dai libri, Morandi approfondì nel corso della sua intera esistenza una personalissima poetica incentrata su pochi, modesti soggetti, e improntata alla speculazione intellettuale, alla massima purezza espressiva e all’assoluto rigore formale, rimanendo lontano dal fragore rivoluzionario delle avanguardie e sentendosi attratto in misura del tutto personale dalle suggestioni provenienti dal Futurismo, dalla Metafisica, da Valori Plastici e dalle correnti novecentiste.
Attorno al 1918, attraverso le riproduzioni pubblicate dalla rivista bolognese “La Raccolta”, Morandi si avvicinò alle ricerche metafisiche di de Chirico e Carrà: a questo periodo (1818-1819) appartengono le tre nature morte qui esposte, che mostrano un artista lontanissimo dalla poetica dell’enigma e dall’ironia di de Chirico e intento, invece, a rappresentare il “lirismo creato dalla metafisica degli oggetti più comuni. Di quegli oggetti che l’abitudine ha reso tanto familiari che noi, per quanto scaltriti dai misteri degli aspetti, spesso guardiamo con l’occhio dell’uomo che vede e non sa”, oggetti depurati da ogni elemento che ne disturbi la limpida volumetria rappresentati “in una luce ferma, cruda, con forme calibrate secondo precise regole compositive”.
A partire dagli anni venti, Morandi si dedicò esclusivamente alla ricerca sulle relazioni fra gli oggetti, allo studio dei rapporti fra spazio e volumi e dei mutamenti della luce nel paesaggio.
AUTORE Giorgio Morandi
DATA 1919
MATERIA E TECNICA Olio su Tela
DIMENSIONI cm 59,5 × 60
INVENTARIO 5462
SALA IX
FIRMA Morandi/919
Opera esposta
Donazione