yourBrera
yourBrera rispecchia il progetto myBrera: una piattaforma online dove è visibile il ruolo di tutta la squadra di Brera attraverso i racconti di ognuno di loro.
yourBrera, la Pinacoteca di Brera vista attraverso gli occhi dei visitatori.
Pigi Marras
La pietà, la passione, la compassione.
Parla, Figlio, dimmi dove sei ora, chi sei stato e chi sei, tu qui su questa tela che ci parla di te.
Madre, allontanati da questo amaro calice. Non vedi che soffro? Che la Morte strappa i tendini e rode le ossa, e urla perché non mi può avere? E l’antica natura onnipossente che mi fece all’affanno.
Tutto tranne che pace e serenità, c’è in Mantegna e Bellini. Sono bellezze geometriche, le loro Pietà: cunei e piramidi, rette verticali e orizzontali dove cercare. come in un enigma del vecchio milanese, il segreto di quei colori che diventano pietà, passione e lacrime, dolore e compassione. La struttura, il punto di vista e il rapporto delle forme moltiplicano e riecheggiano la tragicità della rappresentazione, sempre quattrocentesca nello stile, ma eterna nella sua cultura.
A Brera ci capitai per caso, girovagando nella nella città assolata di settembre, una domenica in cui l’ingresso era gratuito. E da allora ci torno appena posso. Milano, la mia capitale.
Emanuela Rita Spinelli
Madonna col Bambino e santi, angeli e Federico da Montefeltro (Pala di San Bernardino), Piero della Francesca
Amata, cercata, inseguita lungo 23 sale della Pinacoteca di Brera (lei è nella 24) fino ad arrivare a lei.
Le mie due amiche Simona ed Elena e io, sedicenni, insieme e solo noi per la prima volta, la nostra prima,
indimenticabile visita al museo per poter vedere solo ed esclusivamente lei, la Pala di Brera di Piero della
Francesca, dopo l’appassionante lezione sui banchi del liceo artistico Santa Marta di Milano del nostro prof,
di storia dell’arte Falzone. E pensare che oggi la vedo tutti i giorni, lavorandoci, e ho imparato ad amare
tutte le opere della Pinacoteca. Un amore viscerale per l’arte che parte dal luogo più appropriato, la scuola,
in questo caso le medie, e ancor oggi è inarrestabile dopo (solo) 27 anni di studio.
Tiziana Cicchella
Il martirio di santa Caterina, Gaudenzio Ferrari
Mi è sempre piaciuto questo quadro, specialmente ora che è stato riportato alla luminosità dei colori originali.
Ma è proprio il personaggio e la sua storia che mi hanno sempre affascinato, un soggetto scomparso dalla fine del Cinquecento, dopo la Riforma cattolica, fatta di opere buone e moralizzazione delle istituzioni.
Un personaggio come Santa Caterina non aveva più posto nelle immagini sacre della chiesa cattolica.
Lei che aveva affrontato Massenzio e la sua corte, e gli aveva chiesto senza tanti giri di parola di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell’umanità.
Lei che con la sua bellezza e audacia e la sua cultura aveva colpito l’imperatore che subito convoca un gruppo di sapienti affinché la convincessero a onorare lei gli dei e per poterla poi chiedere in sposa….
Ma la sua eloquenza fece convertire i sapienti alla sua causa e per questo l’imperatore li condannò tutti a morte.
Lei al supplizio della ruota dentata.
Ma la ruota si ruppe e l’imperatore fu costretto a decapitarla, da lei sgorgo latte invece che sangue, a testimonianza della sua purezza.
Ma nel quadro dipinto da Gaudenzio Ferrari dipinto nel 1540, sembra che l’angelo armato di spada stia arrivando per salvarla.
Nessuno sta guardando Caterina, solo tre donne in alto nella nicchia, tutti guardano l’angelo, solo il cane e due uomini in alto a destra hanno lo sguardo puntato verso di noi, come per chiederci, cosa sta succedendo?
Donna nuda tra gli uomini, senza difese che la sua fede e neppure un angelo a salvarla, martire per aver avuto il coraggio di difendere le sue idee.
Ma con la riforma cattolica, smette di essere una martire da portare ad esempio e lentamente scompare dalle immagini sacre. Quale sarà la risposta alla muta domanda degli uomini e del cagnolino, che ci guardano dal quadro?
Guardatela, perché sarà l’ultima volta che la vedete?
Isabella Melozzi
Triste presentimento, Girolamo Induno
Cari amici della Pinacoteca di Brera,
approfitto di questo spazio per salutarvi e per ringraziarvi. Ho visitato la Pinacoteca di Brera per la prima volta nella mia vita (e ho ben settant’anni) il 5 febbraio scorso.
Arrivai da Firenze di prima mattina e trascorsi delle ore molto interessanti nelle vostre splendide sale; è stato l’ultimo museo che ho visitato prima dei noti fatti legati al coronavirus. Ho un ricordo di bellezza , l’atmosfera delle sale, la ricchezza delle collezioni, i quadri del ‘900, quelli esposti nelle teche temporanee…
Di questo vi ringrazio, della giornata che ho trascorso da voi e che la peculiare situazione di questi giorni rende ancora più preziosa.
Il quadro che preferisco è Triste presentimento di Girolamo Induno. Le motivazioni non sono certo legate a ragioni artistiche o estetiche. Sono legate ai miei ricordi ed emozioni. Nella casa dei miei nonni c’erano tre o quattro quadri di genere, a soggetto “risorgimentale garibaldino”. Da piccola m’incantavo a guardarli e mi inventavo storie su quelle figure dipinte, da più grande, già scolarizzata, riuscivo a vedere e capire le suggestioni simboliche dei quadri.
La stessa emozione me l’ha data il quadro di Girolamo Induno.
Grazie
Isabella Sciarra
Malinconia, Francesco Hayez
Nel quadro di Hayez mi piace l’espressione della giovane donna, assorta nei suoi pensieri.
Il suo viso e la posizione delle mani mostrano la tristezza in cui è completamente immersa. I delicati colori dell’abito e dei fiori che le sono accanto, evidenziano il suo stato d’animo. Come pure l’abito che cade abbandonato dalla spalla, i fiori reclinati e lo sfondo spoglio e grigio danno risalto al distacco da ciò che la circonda. Quest’opera mi mostra come un atteggiamento malinconico può essere raffigurato in modo tale da divenire un capolavoro.
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